Gli omicidi di personaggi più o meno importanti nella storia si sprecano. Di pochi abbiamo un resoconto preciso, scritto da testimoni oculari. Ecco perché spicca quello che ci ha lasciato Orfeo Cenni da Ricavo.
Si trattava di uno dei collaboratori del duca di Milano, Galeazzo Maria Sforza, ed era presente il 26 dicembre 1476 quando il giovane duca (aveva poco più di 30 anni) fu assassinato da tre congiurati.
Accadde nella chiesa di Santo Stefano. Galeazzo con una certa imprudenza, nonostante un clima politico teso, volle presentarsi in un luogo non sicuro come il suo palazzo.
Ecco quello che successe, raccontato da Orfeo:
Essendo nel mezo della chiesa [...] quello traditore di Giovanni Andrea li misse tutto il pugnale nel corpo
El povero signore si li misse le mani e disse: io son morto! Illo ed eodem stante, lui reprichò l’altro cholpo nello stomacho; li altri dua li dierono quatro cholpi: primo nella ghola dal canto stancho, l’altro sopra la testa stancha, l’altro sopra al ciglio nel polso, el quarto nel fiancho di drieto, e tutti di pugnali. E questo fu in un baleno e uno alzare d’occhi, e chosì venne rinchulando indrieto, tanto che quasi mi diè di petto. E veniva trabocchando, e io lo volsi sostenere, ma non fui chosì presto che ‘l cascò a sedere e poi rinverso in tutto. E dua di quelli traditori non lo abandonaro mai persino che fu in terra”
I tre assassini si chiamavano Giovanni Andrea Lampugnani, Girolamo Olgiati e Carlo Visconti. Si ritiene che fossero stati spinti all’omicidio da Cola Montano, umanista nemico dello Sforza e maestro dei tre.
Lampugnani fu ucciso subito, gli altri due riuscirono a scappare ma in seguito saranno catturati e giustiziati come altri congiurati, che non avevano preso parte materialmente all’omicidio, catturati in chiesa.
Il resoconto di Orfeo ci mostra la rapidità dell’azione: si punta tutto sulla sorpresa. Gli assassini sanno di rischiare cattura e morte immediata (e infatti uno sarà ucciso subito) quindi devono agire in fretta e fuggire in fretta. Sono però determinati: come dice Orfeo, due restano vicini al duca finché non sono sicuri che sia morto.
Il duca appare sorpreso: per quanto tu sappia di avere dei nemici, un’azione a sorpresa ti lascia sempre di stucco. I suoi consiglieri presenti non hanno il tempo di reagire: l’azione è stata troppo veloce. Reagiranno dopo, arrestando i congiurati, ma non riescono a difendere il duca.
Velocità, determinazione, effetto sorpresa: le armi usate dai congiurati per raggiungere l’obiettivo, effettivamente raggiunto. Devono però farlo davanti a tutti, non c’è altro modo: questo costerà loro la vita, chi subito, chi dopo.
FONTI
Suggerisco il saggio di Francesca Vaglienti
“Anatomia di una congiura. Sulle tracce dell’assassinio del duca Galeazzo Maria Sforza tra storia e scienza”